Eccoci di nuovo all’appuntamento con l’Olasagasti’ way, il nostro modus vivendi: camminare e scoprire ambienti incontaminati è un’ottima ricetta per mantenersi in forma e mettere in ordine i pensieri.
Così, nel caldo dell’estate, ci è piaciuto provare il brivido di fare quattro passi in un ambiente glaciale, ed è stato qualcosa di sorprendente.
Abbiamo scelto un ghiacciaio facilmente raggiungibile, con tratti percorribili anche senza attrezzature particolari.
La nostra gita è stata decisa e condivisa: il Ghiacciaio Bianco, nel cuore del Parc national des Ecrins.
Il parco comprende centinaia di montagne alte più di 3.000 m e una quarantina di ghiacciai che coprono un’estensione di quasi 17.000 ettari.
Come arrivare
Vi si accede scendendo in auto da Briançon, e, dopo pochi km, si svolta a destra per Pelvoux e Ailefroide, giungendo, al termine della strada asfaltata, al parcheggio di Pré de Madame Carle.
Il percorso a piedi
Dal parcheggio si risale a nord-est per attraversare le passerelle del torrente della Momie e del Ghiacciaio nero. Ilsentiero si innalza poi per raggiungere un incresparsi di rocce consumate e levigate. Alcune sono così lisce che diventano divertenti scivoli naturali per piccoli esploratori. Risaliti alcuni tornanti e attraversata la passerella del torrente del ghiacciaio Bianco e degli Ecrins, il sentiero prosegue sulla riva sinistra del torrente e sale fino al vecchio rifugio Tuckett.
L’acqua scende da ogni parte, ti circonda, e il solo rumore e la vista di quelle piccole cascate rincuora, rinfresca e ripaga. Da lì, proseguendo lungo il fianco della montagna siamo arrivati al rifugio del ghiacciaio Bianco (2542 m), dove abbiamo pernottato dopo aver ammirato un meraviglioso tramonto.
Il giorno dopo, di buona leva, ci siamo diretti al rifugio degli Ecrins (3170 m). Da qui abbiamo percorso un tratto camminando sulla superficie viva del ghiacciaio, giungendo a scorgere lo spettacolare versante nord della Barre des Ecrins in tutta la sua imponenza.
Ritornati al rifugio des Ecrins, ci siamo ristorati.
Olasagasti moment
Come sempre non poteva mancare la riserva di acidi grassi essenziali (in montagna si porta solo l’essenziale!) che ci possono fornire le conserve di pesce Olasagasti.
Una buona dose di energia che, importante, mantiene leggeri per poter proseguire nel cammino.
La superficie del ghiacciaio ha forme arrotondate, che alla vista appaiono morbide, come dune in un deserto blu, ma con improvvise punte taglienti che si ergono contro il cielo. Le fessure, profonde, di immensa bellezza e azzurro intenso, sfidano la nostra curiosità e ci spingono a superare la vertigine di affacciarsi e guardare dentro quelle misteriose viscere. La voce sorda e stridula del ghiacciaio si fa sentire sotto i nostri piedi, e’ una frattura, qualcosa che si spacca per sempre, un urlo tra la vita e la morte di una balena bianca, ferita, che non vuole rassegnarsi, non vuole sciogliersi.
È una creatura impressionante, il prodotto immenso della forza creatrice della natura, che merita di essere conosciuto, avvicinato, amato. Quando sei lì ti interroghi su tante cose, capisci quanto sei infinitamente piccolo nel tempo e nello spazio.
È una sensazione di stupore e insieme di timore, una dimensione nuova, un senso di inadeguatezza e di gratitudine.
Se la nostra esperienza ti ha incuriosito ti consigliamo di leggere altre e più dettagliate informazioni (altimetrie, il ritiro negli anni del ghiacciaio, come raggiungerlo …) qui e qui .
Vi saluto e, alla prossima uscita!
Pilar, Olasagasti’ family